giovedì 26 settembre 2024

Kenpo Karasu: altri dettagli sullo stile del corvo

 Il Kenpo Karasu (dal giapponese "pugno del corvo") o in cinese Bǎoxiǎn Quan [di cui in questa sede già si è parlato in precedenti post N.D.R.] è uno stile Nanquan originario di alcuni villaggi del sud della Cina.

Esso, di ispirazione dalle tecniche degli animali dello Shaolin Kenpo, si ispira alle movenze dei corvidi per i suoi eleganti movimenti in cerchio e semicerchio delle mani finalizzati a deviare e schivare attacchi sia per colpire l'avversario in linea retta al primo varco disponibile e sia per spingerlo a distanza dal fianco o dalla schiena dopo aver deviato un attacco.









Come molti stili di Kenpo pone la sua attenzione in particolare sulle tecniche di braccia, concentrando eventualmente le tecniche di gambe unicamente in calci bassi volti a destabilizzare l'equilibrio dell'avversario.
La postura della mano è totalmente aperta, adatta per parare colpi o deviarli con movimenti circolari nel momento in cui essi sopraggiungono.
Gli attacchi sono portati in linea retta sempre a mano aperta e, ispirandosi all'assalto di un corvo, indirizzati unicamente al volto dell'avversario con l'intento di colpire di taglio con mano verticale, di taglio con mano orizzontale, di palmo dal basso verso l'alto (sotto al mento) o in linea retta al setto nasale, o puntando con le dita agli occhi.
Risulta evidente la pericolosità di tali metodologie d'attacco le quali possono portare a danni permanenti come la perdita totale della vista o letali come la rottura del collo.
Il Bǎoxiǎn Quan infatti ebbe origine in Cina durante il cosiddetto "Periodo dei Regni Combattenti", quando il Paese era frazionato in diverse comunità in guerra tra loro.
Molte discipline nacquero durante quell'epoca di tumulti, finalizzate propriamente alla guerra, abbattere o invalidare un nemico in caso di combattimento disarmato o all'autodifesa dei semplici civili loro malgrado coinvolti nelle rappresaglie.
Tra queste venne codificato il Bǎoxiǎn Quan, chiamato oggi in lingua giapponese Kenpo Karasu o Kempo Karasu a seconda della traslitterazione.
Può essere tuttavia utilizzato in modo più sicuro nelle fasi di difesa per evitare o deviare attacchi e respingere l'attaccante tramite spinte come sopra descritto.
In Occidente viene insegnato in pochi dojo unitamente al Nanquan.









Nota personale: appresi il Kenpo da ragazzo e quando nel 2018 conseguì il diploma di istruttore di difesa personale scelsi di adattare all'autodifesa una tecnica ad artiglio propria del Kenpo Karasu chiamandola con il nome della disciplina stessa. 

Nan Quan Gong Fu

 Il termine Nan Quan (o Nanquan) può essere tradotto come “pugilato del sud”. La Cina viene tradizionalmente divisa in Nord e Sud dal fiume Chang Jian (Fiume Azzurro). Gli stili nati a nord del fiume sono chiamati Chang Quan (boxe lunga) quelli a sud Nan Quan. Un famoso detto cinese recita “Nan Quan Bei Tui” (pugni al sud e calci al nord) per individuare i fattori caratterizzanti dei due sistemi. Per cui avremo fondamentalmente uno studio della lunga distanza nel Chang Quan e della distanza ravvicinata nel Nan Quan. Bisogna precisare che stiamo parlando di un sistema e non di uno stile specifico. 

Per la precisione, non è una disciplina ma una categoria di discipline marziali. Nel Nan Quan, sono annoverati stili tradizionali come: Hung Gar Kuen, Wing Chun, Choy Lay Fut, Kejia Quan, Hei Hu Quan, Wu Zu Quan, ecc. 

Solo nel 1960 fu codificato uno stile chiamato Nan Quan contenente elementi di diverse discipline della suddetta categoria. Questo sistema è basato su posizioni  stabili e basse dalle quali si sviluppa l' energia  necessaria (Qi) per ottenere  potenti movimenti di braccia. Ci sono pochi calci nel Nan Quan e principalmente ad altezza medio bassa, ma le combinazioni di braccia vengono usate per coprire tutte le angolazioni di attacco e di difesa. I concetti di attacco e difesa arrivano a coincidere  ed il lavoro di condizionamento ricopre un ruolo fondamentale tanto che i bloccaggi vengono effettuati in maniera così aggressiva da costituire essi stessi un attacco. Benché le posizioni siano basse e stabili, è richiesto un alto livello di mobilità e velocità. I movimenti sono potenti e aggressivi come quelli di una tigre. Nel Nan Quan, inoltre, è presente il concetto di urlo (fa sheng), che aiuta a generare potenza attraverso una potente espirazione forzata data dal grido canalizzando l'energia nel punto di impatto del colpo.


Questa forma "cumulativa" di Nan Quan è un sistema recente e si divide in tradizionale e moderno. Nel tradizionale pur con i dovuti adattamenti, si mantiene una connotazione applicativa e concreta tipica degli stili antichi di riferimento. Nel moderno, invece, viene espressa e valorizzata maggiormente la spettacolarità e l'abilità del praticante.

L'allenamento prevede lo studio delle forme (tao lu) di Scuola sia a mani nude che con le armi. Particolare attenzione viene assegnata al combattimento libero (SanDa o SanShou) che ogni praticante del sistema tradizionale deve sostenere. La preparazione atletica ricopre un ruolo fondamentale, in quanto le sessioni di allenamento sono molto dure. Quindi si lavora molto sullo stretching, velocità e resistenza fisica. Come in tutte le discipline marziali cinesi, un aspetto rilevante è dato dallo studio del Qin Na. Qin = Afferrare. Na = Controllare. Possiamo tradurre Qin Na dunque con l'afferrare e controllare qualcosa. Oltre alle tecniche di presa, che ne suggeriscono il nome, l'arte del Qin Na comprende anche tecniche di pressione e percussione. Mentre le tecniche di presa sono gli elementi fondamentali di quest'arte, le tecniche di pressione e di percussione ne costituiscono la parte avanzata. Le prese del Qin Na controllano e bloccano le giunture o i muscoli dell'avversario, in maniera che non possa muoversi, neutralizzando la sua capacità nel combattimento. Le tecniche di pressione sono invece usate per intorpidire gli arti dell'avversario, per procurargli la perdita della coscienza o, eventualmente, per ucciderlo. Queste tecniche sono usate frequentemente anche sulle terminazioni nervose, per provocare estremo dolore e lo svenimento.







 

PRINCIPALI ARMI STUDIATE


Le armi studiate variano in tipologia e numero,  da scuola a scuola, le più diffuse sono: il Nán Gùn (bastone del sud), il Dāo (sciabola), lo Shuāng Jié Gùn (nunchaku) ed il Jiàn (spada dritta).







Fonte: 100ma.it


mercoledì 25 settembre 2024

Il principio PRIMO delle arti marziali

C'è una regola sacra nelle arti marziali: MAI usare la propria disciplina al di fuori del dojo/palestra, salvo per difesa personale in una situazione estrema in cui ogni altro mezzo e tentativo di evitare il conflitto fallisce. 

Chi viene meno a questo sacro principio non può definirsi un marzialista. 

L'arte marziale (dalla radice Marte=guerra) è un'arma e come tale va utilizzata. 





mercoledì 7 agosto 2024

Niente è impossibile!

 






Tutti abbiamo qualche limite, quel confine che reputiamo invalicabile oltre il quale intravediamo qualcosa che riteniamo essere al di là delle nostre possibilità. 
Bene, avrete notato che ho utilizzato termini come "reputiamo" o "riteniamo" perché è proprio così, siamo noi con le nostre paure a porci tali limitazioni, a chiudere a doppia mandata il portone delle opportunità, a farci impaurire dalle fatiche. 
In realtà i limiti non esistono, essi sono solo nella nostra mente, ogni cosa, ogni impresa è possibile, talvolta con tanta, tantissima fatica e sacrificio. 
Potete farvi frenare dall'entità del sacrificio, se reputate che ciò che state sacrificando sia troppo importante per voi, oppure potete ritenere che ne valga la pena o ancora cercare una valida alternativa, ma ciò che è importante è capire che tale scelta dipende unicamente da voi, non dal concetto di "impossibile". 
Se qualcosa vi sembra troppo faticoso da fare, voi faticate il doppio e una volta fatto guardatevi indietro e scrutate quello che consideravate il vostro massimo, capirete che vi stavate auto-limitando da soli. 
Compreso questo, guardate al limite successivo da superare. 
Questa è la base dell'evoluzione. 
Con fatica e determinazione qualunque limite può essere superato!








Quando vi sentite demotivati, osservate con attenzione questi atleti. 
Loro non hanno detto che era impossibile! 

Lo sport è competizione, ma anche Maestro di vita.



domenica 28 luglio 2024

Basta buonismo, basta ipocrisia

 



Il Krav Maga non ha regole, perché in strada non ci sono regole.

Se aggrediti occorre effettuare una rapida valutazione della minaccia per scegliere il modo più efficace per difendersi, ma se è la nostra vita o quella di un congiunto a essere a rischio, è necessario difendersi con le unghie e con i denti. 

Questo si traduce in una risposta all'aggressione congrua al mettere in sicurezza la propria o l'altrui persona. 

Troppo spesso si sente parlare di "difesa proporzionata all'offesa" al fine di evitare problematiche di natura legale in un Paese in cui spesso, purtroppo, chi si difende è perseguito.

Per questo molto (ma non tutto) del Krav Maga insegnato in Italia è "diluito" o ammorbidito. 

Ma questo è vero fino a un certo punto.

Se è una questione di vita o di morte è di gran lunga preferibile incorrere in un processo anziché in un funerale. 

Il fattore economico non è importante quanto la vita stessa e anche nella peggiore delle ipotesi non dimentichiamo che dal carcere si può tornare a riabbracciare i propri cari, dalla morte no. 

Naturalmente, il praticante esperto è in grado di mettere fuori combattimento l'avversario senza provocare alcuna lesione o danno permanente, anche per questo le varie scuole sollecitano l'individuo all'eccellenza, al fine che l'aggressore oltre al danno subisca anche la beffa di non poter reclamare alcun tipo di ragione in sede di accertamenti da parte della legge. 

Negli sport prima che con i pugni si combatte sempre con la testa e questo vale anche per il Krav Maga, che sport non è.

Tuttavia, se la situazione si rivela estrema, scegliete sempre prima la vita. 

giovedì 10 novembre 2022

Combat 56: difesa personale militare dalla Polonia

Sviluppato dal maggiore polacco Arkadiusz Kups,  il Combat 56 System era un insieme di tecniche destinate ad eliminare l'avversario, ma in questa forma non era molto universale e non assorbito in altre strutture. 






Era percepito come una raccolta delle tecniche più brutali e assassine utili solo nelle ostilità. Lo sviluppo del sistema si è concentrato sullo sviluppo di tecniche di autodifesa sicure e semplici utilizzate in diversi modelli di movimento in varie situazioni di minaccia.

Presupposti e obiettivi

L'obiettivo prioritario del Sistema è la semplicità e l'efficienza

È innovativo per il suo approccio razionale alla psicologia di sopravvivenza  e per il piccolo numero di schemi di movimento che consentono un rapido processo di apprendimento.








Semplici prese operanti su bulbi oculari, arterie carotidi, trachea o genitali permettono a tutti di uscire da una situazione minacciosa.


In'aggiunta prese a leva articolare consentono un'immobilizzazione semplice ed efficace.

La perfezione del sistema si basa sull'abituale padronanza di 2-3 tecniche, che garantisce efficacia nelle varie varianti dell'attacco dell'avversarioIl sistema non si basa su lanci, atteggiamenti complicati o evoluzioni spettacolari.

Le prime pubblicazioni sul Sistema sono apparse sulla stampa professionale all'inizio degli anni '90 e i primi corsi di formazione aperti sono stati effettuati nel 1997.



Fonte: cliccare QUI

mercoledì 14 settembre 2022

Allenamento costante

 





Un principio base della difesa personale è che chiunque, indipendentemente da sesso, corporatura, età, stazza o condizioni fisiche, deve essere in grado di poter difendere la propria incolumità qualora questa venisse minacciata da individui anche più forti.
Mettiamo per ipotesi che a causa di un incidente o altre problematiche di salute vi siate infortunati o siate in qualche modo costretti all'uso di stampelle o di una carrozzina.
Più volte in articoli precedenti si è detto quanto gli aggressori siano vigliacchi e tendano a scegliere come "preda" la persona sulla quale credono di poter avere la meglio.
Dall'invalido alla gracile ragazzina che torna a casa da scuola fino ad anziani o soggetti che trasmettono poca sicurezza in loro stessi.
Che fate? Non vi difendete perché non siete al pari dell'aggressore?
Chiunque deve poter avere la possibilità di preservare la propria incolumità, ecco perché i colpi del Krav Maga agiscono su quelle aree del corpo generalmente vulnerabili, delicate e sensibili che, se colpite, possono dare il tempo all'aggredito di mettersi in salvo o cercare aiuto.
Ma non basta sapere quali sono questi punti da colpire, occorre anche allenarsi a colpirli.
Che siate in buona forma fisica o meno, l'allenamento costante è alla base della salute e di una difesa personale più efficace.









Allenarsi nel colpire incrementa la forza dei colpi, la precisione, aiuta la mobilità, la muscolatura e i tempi di reazione.
Una buona difesa è SEMPRE figlia di un buon allenamento.
A prescindere dalla condizione fisica, non scoraggiatevi e allenatevi ogni volta che ne avete la possibilità. 

lunedì 12 settembre 2022

Krav Maga

 




Il Krav Maga è la quintessenza della difesa personale. 
Pochi ma efficaci e semplici colpi portati alle zone vulnerabili del corpo finalizzati a invalidare un aggressore il tempo necessario per mettersi in salvo. 
A questo si aggiungono semplici movimenti meccanici per liberarsi da strette o prese e non in ultimo l'aspetto psicologico della prevenzione e della cautela in contesti urbani comuni.



domenica 11 settembre 2022

Cobra Kai: un messaggio di difesa personale



Riporto di seguito un breve estratto da un articolo di uno degli istruttori più preparati del nostro paese che trovate nella sua interezza al link allegato in coda al post: 


Ti rivelo un segreto:  John Kreese aveva ragione.

 

No, non sono impazzito, né mi sogno di dire che fosse un modello positivo.

John Kreese è davvero un pessimo maestro.

Eppure ad un certo punto dice una grande verità.

Nella sua scuola insegna la via del pugno:

Colpire per primo, colpire più forte, senza pietà!

 

Nella difesa personale la via del pugno dev’essere una specie di comandamento, e non vuole assolutamente dire che dobbiamo aggredire per primi o diventare degli attaccabrighe.

Dobbiamo pensare però che, purtroppo, quando si tratta di mettersi in salvo, di difendere la propria incolumità o quella dei propri cari, non esiste alcun ruolo educativo.

  • Colpire per primo vuol dire contrattaccare, e farlo con tutta la decisione e la forza di cui siamo capaci.

 

Pensare di colpire per far cambiare idea all’aggressore è una pessima idea, e il più delle volte serve solo a renderlo ancora più aggressivo.

 

Quando ci si difende bisogna mettere fuori uso l’avversario con decisione, quantomeno per trovare la via di fuga o mettersi al sicuro, perché non possiamo conoscere le reali intenzioni di chi ci sta attaccando.

Se avesse un coltello? Se i suoi compari fossero dietro l’angolo?

 

Ecco perché occorre “colpire per primo”, nel senso non di iniziare il combattimento ma di andare a segno per primi possibilmente con un contrattacco.

Infatti anche un solo colpo dell’aggressore potrebbe per noi rivelarsi fatale, specialmente se armato.

 

Bisogna “colpire più forte” nel senso di colpire con il massimo del nostro potenziale, dato che un colpo inconsistente è totalmente inutile.

 

Colpire “senza pietà” significa che non ci si può difendere cercando di portare tecniche a mezza via con l’intento di far cambiare idea all’aggressore.

 

Questo non significa necessariamente colpire per uccidere, bensì portare una tecnica proporzionata alla violenza di chi ci ha attaccato, con determinazione e senza esitare.

Se non puoi scappare questo è l’unico modo per metterlo fuori uso e avere così il tempo di cercare strade alternative al combattimento.

Questo vuol dire per esempio che, se vengo aggredito nelle vicinanze di un bar, mi può bastare far cadere l’avversario o colpirlo con abbastanza efficacia da darmi il tempo di fare una breve corsa e cercare riparo all’interno del bar e chiedere l’aiuto di altre persone.

 

Chiaramente ogni situazione va valutata in base alla sua gravità.

Esistono aggressioni più blande e altre potenzialmente letali.

 

  • La proporzionalità è fondamentale nell’autodifesa.

 

Non potete cavare gli occhi a uno solo perché vi afferrato per un braccio in un locale pubblico.

In generale l’uso dell’intelligenza per evitare lo scontro è sempre la scelta migliore.
Sun Tzu, autore de “L’Arte della guerra” e raffinatissimo tattico, diceva:

“Ottenere cento vittorie su cento battaglie non è il massimo dell’abilità: vincere il nemico senza bisogno di combattere, quello è il trionfo massimo.”

Se però non esiste nessuna via alternativa e siete aggrediti è meglio seguire la legge del pugno, perché la nostra incolumità (e quella delle persone a noi care) è l’obiettivo finale: per questo un mio amico istruttore diceva ai suoi allievi “meglio un brutto processo che un bel funerale”.

Questa frase racchiude molto di quanto ho detto, soprattutto riguardo alla proporzionalità: Se qualcuno vi attacca per uccidervi, la vostra reazione per difendervi dovrà essere adeguata ed efficace.

Forse non eviterete un processo, ma almeno sarete vivi. Allo stesso modo però, se il pericolo non è così grande, è sempre meglio evitare il brutto processo.

  • Proporzionalità e intelligenza sono elementi fondamentali di un corretto uso della forza.



Link all'articolo completo CLICCANDO QUI

domenica 17 gennaio 2021

Krav Maga = diffidenza






Krav Maga = diffidenza. 

Mai fidarsi di nessuno, in strada chiunque può essere una potenziale minaccia.
Quando camminate per strada prestate attenzione a ogni rumore che avvertite, in special modo a eventuali passi di corsa alle vostre spalle.
Quando incrociate qualcuno, non perdete mai di vista le sue mani. Se le porta alle tasche state in guardia, pronti a colpire e fuggire.
Quando qualcuno vi ferma per chiedervi l'ora, rispondete restando in guardia e possibilmente evitando di tirare fuori il telefono.
Quando andate al ristorante, dal barbiere, al pub, non date mai le spalle alla porta. Diversi video di telecamere di sorveglianza presenti in rete mostrano la pericolosità di aggressioni perpetrate da qualcuno entrato nel locale a cui la vittima non ha prestato attenzione.
Evitate di combattere per un portafoglio, un orologio, un cellulare, una borsa e persino l'auto, la vostra vita è più importante di un oggetto sostituibile e di cui potete sporgere denuncia di furto mezz'ora dopo.
D'altro canto, se siete aggrediti, combattete come leoni per far sì che chi è con voi si metta in salvo e in seguito, o se siete soli, mettetevi in salvo nel primo varco di tempo che riuscite a conquistarvi tramortendo l'aggressore.
Se è armato, dategli ciò che vuole.
Se è armato e vuole la vostra vita, tenetegli bloccata e lontana da voi la mano armata, colpite e fuggite.
Non combattete mai al suolo, una situazione di vantaggio può trasformarsi in grande svantaggio se dovessero sopraggiungere dei complici.
Non restate a combattere più del dovuto, ma quanto basta a crearvi la via di fuga.
Evitate i colpi che causano danni permanenti, pensate alla vostra posizione legale.
D'altro canto se la vostra vita è in pericolo, colpite forte e senza pietà, perché è meglio finire a processo che lasciare orfani i vostri figli. 
Oltre ai colpi alle zone vulnerabili del corpo, adottate qualunque oggetto utile alla vostra portata per difendervi. 
Meditate, così da riuscire a controllare voi stessi ed evitare di utilizzare il Krav Maga per ragioni non necessarie e finire con il compromettere voi stessi e la vostra carriera.
Il "combattimento" verbale deve SEMPRE essere la prima scelta, laddove con tale termine si intende il cercare di calmare le acque, non il fomentare la rabbia.
Quando camminate per strada fatelo mostrando sicurezza in voi stessi e cercando di emanare pericolo, senza tuttavia essere provocatori o peggiorerebbe la situazione. L'aggressore è un VIGLIACCO e un CODARDO che punta alla vittima debole o che gli trasmette la certezza di poter avere la meglio. Fatevi temere con l'andatura, con l'espressione, con l'aura, e non sarete mai aggrediti.
Smettete di miagolare, ruggite! 

Krav Maga: aspetti essenziali

Krav Maga, ossia "combattimento a corto raggio", è un sistema di difesa personale sviluppato originariamente per le forze speciali israeliane. 

Esso si focalizza su un solo obiettivo: neutralizzare l'avversario con ogni mezzo.
Non esistono colpi vietati, non esiste arbitraggio, non esiste etica. Questo perché esso pone la sua redenzione primaria sulla difesa da aggressioni in strada e non su una competizione a punti.
Per strada non ci sono colpi che possano essere considerati proibiti laddove in gioco c'è la vita dell'individuo stesso.
I movimenti sono ridotti al minimo e gli attacchi mirati al punto da colpire.
Per queste ragioni il Krav Maga non può essere considerato arte marziale e tantomeno può possedere una forma sportiva.
Attacchi mirati a colpire, ad esempio, occhi o genitali sono la norma in questo sistema di autodifesa.
Il Krav Maga rende inoltre il praticante consapevole dei propri mezzi difensivi e pertanto rafforza l'autostima e la sicurezza in sé stessi.
Esso non si basa su tecniche complicate, coreografiche o che richiedono una particolare preparazione atletica, ragione per cui è considerata una disciplina adatta a tutti indipendentemente da età, sesso, peso, prestanza fisica o eventuali impedimenti motori, grazie alla peculiarità di sistema "aperto" che consente alle tecniche di adattarsi all'individuo e al contesto. 







Neutralizzare l'avversario nel minor tempo possibile è l'unica finalità, anche qualora questi sia più forte e prestante di noi, risultato che si consegue mediante attacchi mirati alle cosiddette "zone vulnerabili" del corpo. Questo perché il Krav Maga deve poter mettere nella condizione di potersi difendere anche una ragazza esile di 40 kg da un possibile tentativo di aggressione o stupro perpetrato da un uomo più massiccio. 
È bene tuttavia ricordare due elementi importanti:

1) per "neutralizzare" non si intende rimanere in strada a fare gli street fighter, ma colpire duro e tramortire quanto basta a crearsi una finestra di tempo necessaria alla fuga e dunque a mettersi in salvo. 







2) il saper differenziare le tecniche e gli attacchi da utilizzare sulla base della reale pericolosità del contesto, anche al fine di essere maggiormente tutelati da un punto di vista legale. 






Il che vuol dire che in caso di lite da bar sfociata (purtroppo, sarebbe opportuno evitare tale evoluzione degli eventi) in contatto fisico è preferibile usare X tecnica anziché Y al fine di essere comunque nel giusto, mentre in caso di tentativo di violenza sessuale piuttosto che accoltellamento o simili X tecnica potrebbe non essere sufficiente a salvaguardarsi, pertanto l'utilizzo di tecnica Y è maggiormente giustificato.

La prevenzione è altro fattore determinante, poiché riuscire a evitare, come già accennato, l'evolversi di simili situazioni o rendersi conto di un'aggressione anche soltanto mezzo secondo prima può essere cruciale.
Tale facoltà si acquisisce col tempo e con la pratica costante nel tenere perennemente allertati i sensi, dote che nel tempo diviene parte integrante del modo di vivere del Kravers.

Il Krav Maga non è arte marziale, non è sport, non è street fighting, ma come viene spesso definito esso è "l'arte di restare in vita".
Il Krav Maga è sopravvivenza. 

domenica 24 maggio 2020

Krav Maga: consigli utili






La "distanza di sicurezza" è un elemento importante nel Krav Maga, tanto in tempi di Covid quanto in tempi normali.
Riuscire a mantenere la distanza è alla base di una buona difesa personale.





Cerca sempre di mantenere una distanza adeguata alla tua salvaguardia, ma tieniti pronto a combattere a corto raggio se tale distanza non è mantenuta.

L'artiglio dell'aquila del Nord





lo stile dell’artiglio dell’Aquila, o più semplicemente lo stile dell’Aquila, è uno stile tradizionale imitativo i cui movimenti e le cui posizioni sono caratteristici di un animale, in questo caso l’aquila. E’ una mistura degli stili della famiglia Yue e del Fanzi Quan, e per questo è anche chiamato Yingzhao Fanzi Quan, stile delle movenze veloci dell’artiglio dell’aquila. E’ stato così chiamato per via della posizione che assumono le mani durante l’esecuzione, che ricordano gli artigli di un’aquila. Le forme tradizionali dello stile dell’Aquila si dice siano state codificate durante la reggenza del generale Yue Fei della dinastia Song. Un monaco della dinastia Ming chiamato Li Quan approfondì i concetti essenziali dello stile della famiglia Yue combinandoli con il Fanzi Quan e con la boxe dell’Artiglio dell’aquila dando vita allo stile delle Movenze veloci dell’artiglio dell’aquila. Li Quan insegnò lo stile al monaco Fa Cheng che successivamente lo tramandò a Liu Shijun della contea di Xiongxian nella provincia dell’Hebei. Liu Shijun era nato in una famiglia povera e viveva vendendo tabacco ma la sua passione erano le arti marziali. Un giorno, terminata la vendita del tabacco, si recò in una piccola locanda. Mentre praticava arti marziali da solo, il monaco Fa Cheng che casualmente si trovava nella stessa locanda, si svegliò sentendo i rumori; dopo che ebbe terminato i propri esercizi, il monaco disse a Liu Shijun che le sue esecuzioni erano buone per il mantenimento della salute, ma non per combattere i nemici. Liu si annoiava per le considerazioni del monaco e gli chiese di combattere con lui, e i due combatterono. Entusiasta di vincere, Liu scagliò tre attacchi in successione che vennero tutti facilmente evitati dal monaco; quando lanciò il quarto attacco, il monaco usò una tecnica dell’Artiglio dell’aquila per afferrare il suo polso. Nonostante tutti i tentativi, Liu non riusciva a liberarsi dalla presa del monaco. Fa Cheng allora toccò un punto sulla schiena di Liu e Liu sentì un intorpidimento crescente lungo tutto il corpo e cadde a terra. Realizzato che il monaco era un eccellente combattente, Liu pregò il monaco di insegnargli la tecnica. Egli seguì così il monaco e apprese la tecnica dell’Artiglio dell’aquila ed i suoi segreti. Tre anni dopo Liu lasciò il proprio maestro per lavorare da solo e spese il resti della propria vita studiando l’arte del combattimento e insegnando ai discepoli. Liu Shijun prestò servizio come istruttore di arti marziali presso il quartier generale delle guardie imperiali a Pechino durante la dinastia Qing e insegnò lo stile dell’Aquila a Liu Dekuan, Ji San, Ji Si e al nipote Liu Chengyou. Questi lo tramandò al nipote di sua sorella Chen Zizheng che andò ad insegnarlo nel nordest della Cina, a Shanghai e Guangzhou. La caratteristica della boxe dell’Aquila sono i movimenti semplici ma potenti: quando si muove il praticante attacca inesorabile, mentre quando sta fermo scruta come un’aquila che attende l’attimo per avventarsi sulla preda.
Oltre alle artigliate, famosa tecnica di questo stile, vi sono le leve ai punti vitali di pressione e come una delle tecniche fondamentali le tecniche dei palmi taglienti.

La particolarità di quest'ultima tecnica sta nell'efficacia, visto che i movimenti delle mani utilizzando questi attacchi sono più difficili da intercettare.

La mano agisce come una lama, creando un effetto a mulinello che sferza implacabilmente l'avversario. Questo stile prevede uno speciale tipo di allenamento che si chiama "palmo di cotone".

Questo tipo di allenamento ha lo scopo di rendere queste tecniche micidiali, infierendo all'avversario danni agli organi interni, muscoli e vene, mantenendo allo stesso tempo mani e dita soffici come il cotone, ed impedendo all'opponente di ritirarsi e contrattaccare.


Fonti: kungfu.it
abcallenamento.it 

venerdì 22 maggio 2020

L'arte di restare in vita








Il Krav Maga è soprannominato "l'arte di restare in vita". Non si tratta dunque di un arte marziale, né un Kravers potrebbe avere la resistenza per sostenere lunghi incontri su un ring.
Poiché esso è basato sull'invalidare l'attaccante nel minor tempo possibile e laddove realizzabile con il minor sforzo fisico necessario, al fine di crearsi la via di fuga e sopravvivere a un'aggressione violenta in strada.
Nessun combattimento prolungato che potrebbe rivelarsi controproducente, nessun azione realizzabile solo da marzialisti con decenni di esperienza alle spalle. Occorre solo evadere, colpire e mettersi in salvo, e per farlo utilizza tecniche e movimenti semplici che fanno parte delle naturali reazioni istintive dell'essere umano. 

sabato 16 maggio 2020

Krav Maga e prevenzione






Il Kravers esperto riesce a chiudere qualunque scontro in un secondo, contro avversario disarmato, armato, contro coltello, bastone, pistola, fucile, mitragliatore, bazooka, cannone, lanciarazzi, carro armato, bomba atomica, Putin e chi più ne ha più ne metta (e chi non capisce l'ironia e si prende troppo sul serio cambi sito).
Tuttavia cercare di prevenire sarà sempre meglio che curare.




Spesso in ambito di difesa personale si sente proprio affermare "prevenire è meglio che curare".
Come già in più articoli spiegato, a meno che non abbiate fatto incazzare un boss mafioso, tendenzialmente l'aggressore medio è vigliacco nell'animo.
Egli tende ad accanirsi e aggredire la vittima su cui sente di poter prevaricare, di poter avere la meglio. Difficilmente un ladruncolo sceglierà di borseggiare un uomo alto due metri, massiccio e con sguardo cattivo. Opterà invece per la ragazza che torna a casa dal lavoro alla sera, stanca, che emana un velo di timore verso il prossimo e magari costretta a transitare lungo una stradina poco frequentata e illuminata.
Può anche darsi che il malvivente abbia studiato per diversi giorni il comportamento della vittima designata prima di passare all'azione.
Nel qual caso, come evitare che l'aggressione avvenga?
Iniziamo col dire che se un malvivente ha preso di mira un soggetto, lo assalirà a prescindere. Ciò che l'individuo può fare è soltanto cercare di ridurre le probabilità che ciò avvenga, mediante il proprio atteggiamento.
Un modo di fare che emana sicurezza e fiducia in sé stessi, una camminata decisa, uno sguardo forte, uniti ad alcune accortezze quali il non mostrare tentennamenti, non rifuggire (segno di paura) ma neppure fissare (segno di sfida) il proprio sguardo in quello di estranei, e mantenere i sensi costantemente all'erta e pronti a scattare per fuggire, parare/fuggire o parare/attaccare/fuggire, ridurrà considerevolmente le probabilità di essere assaliti, sia che voi siate l'energumeno prima descritto o meno.
Qualora l'aggressione avvenisse ugualmente, valutate le circostanze in un tempo compreso tra i 50 millesimi di secondo e un secondo (tempistiche che DEVONO FORZATAMENTE essere assimilate, poiché non potete pensare di difendervi e al contempo avere una capacità di ragionamento da moviola), si può decidere se è opportuna o meno una reazione. Tuttavia cercare di prevenire il male anziché ritrovarsi costretti a doverlo "curare" è già di per sé un ottima dimostrazione di difesa personale.
Ricordate sempre che tornare a casa senza essere stati aggrediti, soprattutto in determinati quartieri delle nostre città sempre maggiormente degradate, non è sinonimo di semplice fortuna ma anche di una difesa personale super efficace.
Avete vinto un combattimento sul sottile piano psicologico, senza nemmeno sollevare un dito contro il malvivente.
Discipline come il Krav Maga puntano molto anche su questo fattore, oltre che sul mero aspetto tecnico. Il Kravers esperto possiede fiducia in sé stesso poiché sa di essere in grado di poter chiudere uno scontro in un secondo, come è altresì in grado di discernere le situazioni e capire quando è necessario effettivamente reagire al fine di preservare la propria incolumità da quando invece una reazione rappresenta solo un inutile rischio per qualcosa che non vale quanto la vita, come un telefonino o un po di soldi.
Il Krav Maga aumenta la fiducia in sé stesso dell'individuo, la propria sicurezza e di conseguenza la qualità del suo stile di vita. 

giovedì 14 maggio 2020

Arte marziale tradizionale vs sport

"Le arti marziali tradizionali non potrebbero mai battere le MMA o una disciplina sportiva, ci sono incontri incrociati a testimoniarlo", si sente spesso dire.
Anzitutto non solo tale polemica rappresenta la più alta forma di sterilità mentale nel mondo marziale, ma come già detto altrove, sono le capacità individuali del singolo a fare la differenza, e non la disciplina in sé.
Detto ciò, è doveroso portare all'attenzione degli ultrà degli sport da contatto qualcosa che sembrano rifuggire, ossia tutte quelle volte in cui un maestro di una disciplina tradizionale è stato portato su un ring risultandone vincitore (come dimostrato dal video sottostante con protagonista un praticante di Kung Fu portato sul ring).
Questo non per gettare discredito su una disciplina piuttosto che un altra, ma per sottolineare ancora una volta come la grande differenza venga fatta dal praticante.

Video QUI

mercoledì 13 maggio 2020

Nanquan: il pugno del sud









Il termine Nánquán (letteralmente box del sud) indica l’insieme di stili delle arti marziali cinesi che si sono originati e sviluppati a sud del fiume Changjiang (Yangtze), che conobbe una grande diffusione intorno al 1960.

Il Nanquan moderno, è uno stile creato durante la grande rivoluzione culturale, derivato da alcuni degli stili più diffusi della regione del Guangdong, del Guangxi, del Fujian e dello Zhejiang fuse ad alcuni aspetti dei metodi di famiglie tradizionali come Hong, Li, Liu, Mo e Cai.

Il Nanquan è costruito su posizioni di gambe stabili  e basse dalle quali prende energia per potenti movimenti di braccia, gli spostamenti sono solidi e repentini ma allo stesso tempo agili, e  le rotazioni rapidissime della vita generano una serie di movimenti veloci e potenti, rispetto all’eleganza ed alla leziosità degli stili del Nord, esprime grande forza e vigore.

Nel Nanquan si trovano un numero basso di tecniche di calci, ma le combinazioni di braccia vengono usate per coprire tutte le zone del corpo e le possibilità di attacco e difesa, tanto che in Cina è popolare il detto Bei Tui, Nan Quan (Calci al Nord e pugni al Sud).

I concetti di attacco e difesa sono fusi così che i bloccaggi vengono effettuati in maniera tanto aggressiva da costituire essi stessi un attacco perché utilizzati come colpi.

Benché le posizioni siano basse e stabili, è richiesto un alto livello di mobilità e velocità, il Nanquan, in effetti, enfatizza potenza, velocità e stabilità.

Nel Nanquan, inoltre, è presente il concetto di urlo (fa sheng), che aiuta a generare potenza attraverso una potente espirazione forzata data dal grido.

Caratteristica che rende questo stile inconfondibile è lo svariato numero di tecniche di pugno diverse fra loro presenti all'interno dello stile e le posizioni in cui queste tecniche vengono eseguite:

Anche il Nánquán prevede l’utilizzo di molteplici armi, come la sciabola del Sud, il Nandao, ed il bastone del Sud, diverse dalle armi del Nord sia nell’aspetto sia nel maneggio e nell’esecuzione tecnica dei fondamentali; anche le armi sono incluse nelle forme prestabilite (taolu) durante le competizione ufficiali.

In particolare, riguardo al Nanquan, si dice che per gli stili del sud è essenziale tenere una posizione solida e rimanere sempre in equilibrio. Ciò probabilmente deriva dall'abitudine a combattere sulle barche e sul terreno fangoso e scivoloso delle zone paludose della Cina meridionale, fatto che ha condotto a uno sviluppo eccezionale dell'uso delle mani e delle braccia.
Questa è un'ottima sintesi di un ragionamento che spesso ritroviamo a giustificazione delle peculiarità degli Stili del Sud nei confronti di quelli del Nord. A livello linguistico segnaliamo che questa categoria geografica può essere anche definita Nanpai (南派, Scuola del Sud).







Nell'ambito del Wushu Moderno nel 1960 è stata codificata una sequenza chiamata Nanquan che deriva dagli stili del Sud della Cina, prevalentemente da stili famigliari dell'area di Canton quali Hongjiaquan, Lijiaquan, Mojiaquan e Caijiaquan ed anche da stili quali lo Yongchunquan ed il Cailifo. Questa sequenza alterna movimenti atletici a contrazioni muscolari, privilegiando sempre l'ancoramento al terreno e dando un'idea di forza. Ai movimenti sono coordinate delle emissioni vocali dette Fasheng (發聲T, 发声S, fāshēng P, Fa Sheng W, letteralmente " emettere un suono"). Ci sono sei tipi di suoni: Xi 嘻,He 喝, Hua 哗, Na 嗱,Nong 哝, Yi 嗌.
La forma è divisa in tre parti. Movimento di mani caratteristico di questa forma è il Guagaiquan (掛蓋拳T, 挂盖拳S, guàgàiquánP, Kua Kai Ch'uan W, letteralmente "pugno che scende proteggendo"), che è un pugno discendente, reso in cantonese Gwa Kup Kuen, solitamente seguito dal Paoquan (抛拳T, 抛拳S, pāoquánP, P'ao Ch'uan W, letteralmente " pugno lanciato "), reso in cantonese Pow Kuen.
Con il termine "pugno" si fa riferimento a qualunque tipologia di tecnica di mano, a dita serrate, a mano aperta, colpi di palmo, di taglio, col dorso ecc...
La peculiarità, come già spiegato, del Nanquan risiede nella sua capacità di saper deviare, intercettare, spostare con le mani qualunque attacco nemico con una tale rapidità e forza che la difesa diviene essa stessa una sequenza di colpi. 

giovedì 7 maggio 2020

Systema: l'arte marziale russa









Systema, in russo Система (il sistema), è un'arte marziale di origine russa praticata dai principali corpi dell'élite delle forze armate (GRU, Spetsnaz.). Una prima forma rudimentale di Systema veniva impiegata dai guerrieri bogatyr che, per fronteggiare le diverse invasioni dei popoli vicini, cercarono di realizzare uno stile di combattimento pratico ed efficace.
La diffusione di questo stile nel mondo si deve a Mikhail Ryabko e Vladimir Vasiliev, che hanno ridisegnato Systema in chiave moderna introducendo tecniche di tipo militare, conoscenze di biomeccanica e concetti di natura spirituale.

"Non ti puoi rilassare senza respirare, non puoi raggiungere una postura naturale senza rilassamento e dopo che si è riusciti a raggiungere una buona postura ci si può iniziare a muovere nello spazio correttamente". 

- Vladimir Vasiliev

Le sinergie su cui si forma questo stile di combattimento sono: abilità combattiva, corpo sano e stato psicologico.

L'abilità combattiva consiste nell'eseguire attacchi potenti e precisi, con particolare attenzione al respiro, all'economia dei movimenti e all'imprevidibilità dei movimenti. Il numero di tecniche è limitato a pochi ma efficaci colpi, leve e proiezioni che rendono l'azione del praticante dinamica e istintiva.

Il corpo deve essere privo di tensioni ed estremamente flessibile. Il rilassamento fisico è essenziale per percepire ogni singolo movimento dell'avversario e anticiparne le sue mosse. Quest'arte cerca di sfruttare la forza dell'avversario a proprio vantaggio tramite punti di pressione e colpi che utilizzano 6 leve del corpo (gomiti, ginocchia, collo, spalle e vita).

Lo stato psicologico rappresenta un cardine importante nel combattimento. Durante uno scontro è necessario saper domare i propri stati d'animo (come la paura, la rabbia, l'orgoglio), tenendo la mente libera da ogni influenza. Diversi sono gli esercizi di respirazione statici e dinamici utilizzati ridurre lo stress e rigenerare la mente.

Systema è tutto questo. Un set di concetti che hanno come obiettivo il miglioramento delle condizioni fisiche, psicologiche e spirituali.





Fonte: QUI

lunedì 4 maggio 2020

Nippon Kempo: l'arte marziale tradizionale a contatto pieno








Masaru Muneomi Sawayama (1906-1977), il padre del Nippon Kempo, osservò che dal Judo erano stati aboliti movimenti rischiosi come tsuki (pugni) e keri (calci) e che il Karate si concentrava più sulle kata (forme) senza essere un vero e proprio combattimento.
Cominciò quindi a pensare a come ottenere un tipo di combattimento reale nel quale però non vi fossero pericoli. Il risultato della sua ricerca fu un tipo di combattimento corpo a corpo in cui la presenza di una protezione permetteva il mantenimento di tecniche (waza) come tsuki, keri, nage e gyaku.
Nel 1932 questo tipo di combattimento assunse il nome di Nippon Kempo, o Nippon Kenpo.
Nella lunga storia dei combattimenti a mani nude l’introduzione di una protezione per il corpo rappresentò una vera e propria svolta.
Nel 1936 ad Osaka, si tenne il primo torneo di Nippon Kempo fra gli studenti dell’Università Kansai e quelli dell’Università Kuansei Gakuin.
Nel 1953 Ryonosuke Mori, discepolo di Sawayama, favorì la diffusione del Nippon Kempo nella zona di Tokyo e attualmente il Giappone vanta, soprattutto nelle tre città principali (Osaka, Tokyo, Nagoya), la presenza di circa 100 università, 50 scuole superiori e più di 100 centri in cui si pratica questa disciplina.
Il Nippon Kempo è un’arte marziale che, nonostante la sua modernità, conserva lo spirito ed i valori delle antiche forme di combattimento dei samurai.
Il saluto (Rei), e’ parte fondamentale del Nippon Kempo ed è fatto ogni volta all’inizio e alla fine di tutte le lezioni, tutte le volte che si comincia o si finisce un esercizio o un kata ed è un’espressione di rispetto, cortesia, umiltà e educazione.
Non meno importante e’ un altro gesto, di antiche origini, ed e’ il Mokuso, la meditazione taciturna che ha luogo all’inizio e alla fine di ogni lezione ed ha il compito fondamentale di lasciare all’esterno del Dojo tutto ciò che potrebbe impedire una buona lezione.
Nel Dojo si entra scalzi dopo aver lasciato le proprie calzature in bell’ordine, disposte con la punta verso l’uscita; si passa la soglia con il piede sinistro entrando, col piede destro all’uscita, ed entrati si esegue il saluto con l’inchino. Questo ha la funzione di marcare il passaggio interiore da un’attitudine mentale ad un'altra, solo cosi’ si può imparare meglio.
Il Nippon Kempo e’ un’arte marziale composta da Kata (forme ben precise da esguire) e Kumite o Shiai (combattimento): e’ indispensabile praticare entrambe queste due cose per arrivare ad un livello accettabile di conoscenza.

Il sistema prevede lo studio di tecniche di percussione portate sia con gli arti inferiori che superiori (calci, ginocchiate, pugni e colpi a mano aperta); tecniche di proiezione mediate dallo judo e tecniche di leve articolari e tecniche indirizzate alla lotta.

Proprio per il suo realismo e per la sua efficacia il Nippon Kempo è praticato quale sistema di combattimento disarmato dai membri delle “Forze di Difesa del Giappone“.

Il Nippon Kempo è ad oggi l'arte marziale più completa esistente, prevedendo nei suoi insegnamenti e nella sua pratica tanto la difesa personale da strada, quanto l'antica tradizione marziale tradizionale e non ultimo il combattimento a contatto pieno in forma sportiva tanto da renderlo una disciplina capace di rivaleggiare dignitosamente con le MMA e il Muay Thai.

domenica 3 maggio 2020

Quando il Krav Maga funziona?








...e quanto in più funziona rispetto ad altre discipline?
Domanda spinosa. Partiamo col dire che non esiste una disciplina più valida di un altra poiché il 90% del lavoro lo fa il praticante.
Ma se parliamo di Krav Maga nello specifico, esso funziona nel momento stesso in cui, senza girarci troppo attorno, nell'individuo aggredito per strada si concretizza un fattore fondamentale: la voglia di sopravvivere.
A questo va aggiunto un fattore che invece deve essere intrinseco nel sistema stesso di Krav Maga che egli ha appreso, ossia la semplicità di applicazione.
È inutile apprendere tecniche complesse e coreografiche incapaci di adattarsi alla circostanza, all'ambiente e soprattutto all'individuo. Io devo essere SEMPRE in grado di poter usare una tecnica anche qualora abbia smesso di allenarla per dedicarmi magari ad altro, oppure anche quando l'avanzare dell'età mi impedirà di avere la prestanza, la forza e la prontezza di un 30enne. Anzi a dire il vero la forza nella difesa personale DEVE essere inutile. Non conta quanto forte colpisci, conta DOVE colpisci. Il Krav Maga deve mettere nelle condizioni di potersi difendere efficacemente da un aggressore più forte anche una ragazzina vittima di un tentativo di violenza sessuale o un soggetto diversamente abile. Perché l'autodifesa è un diritto inalienabile di tutti e non solo dei campioni da ring.
Chi insegna tecniche basate sul gioco di forza contro forza, o che divengono inapplicabili nel momento stesso in cui una tecnica smette di essere allenata, non sta insegnando Krav Maga, ma un accozzaglia (magari pure funzionale per chi si allena, poiché come detto è il praticante a fare la differenza) di tecniche pescate da terze arti.
Il Krav Maga deve essere semplice, di facile applicazione, se non lo è non è Krav ma altro, spacciato per tale per salassare il portafoglio di chi in materia non è ferrato.
Infine, come detto, la voglia di sopravvivere dell'individuo. Per quanto potente una tecnica non riuscirà mai se nel momento del pericolo vi peritate nell'aggressività. L'istinto di sopravvivenza, in un contesto di aggressione, è il vostro più grande alleato. Colpite, ma fatelo con decisione, colpite duro per crearvi lo spazio utile alla fuga dalla situazione di pericolo. Colpite per riabbracciare i vostri cari che vi aspettano a casa. 
Ricordatevi che la tecnica che fa miracoli non esiste, il miracolo dovete crearvelo da voi con un'irrefrenabile e smaniosa voglia di sopravvivere. A quel punto riuscirete a mettere fuori gioco un aggressore persino armati di un cuscino. Ma la voglia di uscire vivi da un contesto di pericolo deve partire da voi, non dalla tecnica.